martedì 5 aprile 2011

Se non sai per chi votare vota per me (o quasi) di Lamanu

Ho sempre ritenuto la democrazia un buono strumento, ma l'uso che ne viene fatto rende vani gli sforzi di chi ha concepito un sistema di gestione delle cose pubbliche partecipativo da parte di tutti.

Ho sempre odiato l'autorità in qualsiasi forma mi si palesasse davanti, ma ho imparato a farci i conti.

Non ho (quasi) mai votato, non per menefreghismo, ma ho sempre pensato che per me votare tappandosi il naso per mancanza di qualcuno fidato fosse un passaggio su cui ancora litigare con mio padre e alcuni amici e, nonostante mi sia ripromessa di prendere la cosa in considerazione ripetutamente, il mio inchiostro non ha quasi mai riempito la scheda elettorale: nessuna fiducia a qualcuno per cui non nutro rispetto.

Quest'anno per me è differente, c'è qualcuno che conosco bene e al quale ho messo numerose volte in mano la mia vita (soprattutto giuridica), e per il quale passo dall'anarchica individualista che forse sono, alla supporter che cerca di spingere un'idea, un sogno ma soprattutto un gran cuore e vorrebbe condividere questo passaggio con le persone che le stanno intorno.
Lui si chiama Mirko Mazzali, è una persona da sempre attenta alla città di cui fa parte così come gli ho sempre visto dare anima e corpo alle "cause" di chi cerca di farla vivere.

L'ho consociuto a Genova nel 2001 (avete presente il G8 no?) io ero in preda alla disperazione dopo l'irruzione alla scuola Diaz di cui sono stata testimone per mia fortuna semi-illesa (per lo meno fisicamente). Ero li per la tre giorni di cui tutti sappiamo, lui invece in qualità di avvocato facente parte di un gruppo che testimoniò l'accaduto e poi si occupò delle cause civili e penali che ne sono susseguite. 
Da li in poi sono state numerose le volte in cui ho avuto modo di vederlo in azione, di sentire le sue parole e capire con che spirito di sacrificio si dedica alle cause in cui crede o lo abbiamo semplicemente "infilato".

La notte del 16 marzo di qualche anno fa accoltellarono tre persone, loro facevano parte del centro sociale Orso e uscivano da un locale (il tipota), Davide morì quella notte a causa delle ferite. Noi, accorsi all'ospedale, fummo caricati e picchiati a sangue dalla celere arrivata tra le corsie del pronto soccorso a provocare: zigomi e denti in frantumi, teste bucate e braccia rotte (tutto DNA nostro sia chiaro!). 
Lui si rimboccò le maniche e ci fece intentare una causa come parte lesa dalle forze dell'ordine (beh siccome si tratta di numeri di matricole abbiamo dovuto farla a ignoti nonostante fossero persone in divisa) e si occupò della difesa di chi era stato identificato sul posto e quindi accusato dalla polizia per danni agli oggetti (provocati prevalentemente dai loro manganelli e le loro mazze da baseball). I procedimenti di questo genere sono lunghi e tortuosi e anche spaventosi (trovarsi in aula a testimoniare contro di loro mentre loro ti guardano è stata per me una pressione terribile), ma lui con il suo spirito e la sua tenacia riuscì comunque a tenerci insieme, a spronarci e a farsi mediatore all'interno di un gruppo di persone che per molti versi la pensavano diversamente su molte cose.

Da squattrinati quali eravamo non pagammo nulla se non ciò che la causa stessa richiedeva (atti e quant'altro), non ci chiese nulla, non fa parte di quegli avvocati col culo sul cadreghino intenti a contare i propri guadagni, lo fa perché ci crede! 
Negli anni gli abbiamo poi dato ciò che riuscivamo a livello collettivo perché si tratta pur sempre del suo lavoro.

Queste sono due delle esperienze in cui ho avuto a che fare con lui per questioni che mi hanno coinvolta direttamente e fisicamente, ma ce ne sono molte altre in cui ha deciso di difendere situazioni, famiglie e quantaltro perché vicine al suo sentire. 

Ne Cito un'altra come ultima cosa perché una delle faccende più romantiche alle quali ho assistito (last but not least). 
E' uno degli avvocati che ha difeso e che si è battuto per "la causa INNSE"  e gli operai di questa azienda. Una fabbrica che il proprietario aveva deciso di vendere perché a detta sua non più proficua, gli operai la occuparono e mandarono avanti la produzione dimostrando quanto di falso ci fosse nelle parole dell'imprenditore. 
Lottarono per il loro diritto a mantenere le proprie famiglie, il diritto al loro lavoro.
Ne susseguirono trattative (con buon esito, la fabbrica fu poi acquistata da un altro imprenditore e gli operai lavorano tutt'ora li) 

Insomma personalmente avevo un po' di imbarazzo quando ho deciso di scrivervi questo mio contributo, ma così come lui ha fatto tanto per me, preferisco mettere da parte le mie menate e fare qualcosa per lui appoggiandolo nella sua scelta di entrare in politica per difendere non dei singoli, ma un'intera città.

Lamanu






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