giovedì 30 giugno 2011

Interrogazione sulle condizioni del carcere S.Vittore

INTERROGAZIONE
Oggetto:

I sottoscritti Consiglieri,
premesso che:
il 1o maggio 2011 una delegazione guidata dalla Deputata On. Rita Bernardini e dal senatore On. Marco Perduca, accompagnata tra gli altri dall'On. Marco Cappato si recò a visitare il carcere di San Vittore a Milano, e da quella visita sono tratte le informazioni oggetto di questa interrogazione;

nel corso della visita ispettiva la delegazione fu accompagnata dall'ispettore superiore Mario De Michele e, in alcune fasi, dalla direttrice dell'istituto, dottoressa Gloria Manzelli; le sezioni visitate furono la terza, la quinta, le sesta, il “centro clinico” e la sezione femminile; la seconda e la quarta sezione sono chiuse una perché dichiarata totalmente inagibile e l'altra in ristrutturazione;



il 1o maggio erano presenti nel carcere di San Vittore 1.641 detenuti, 1.537 uomini e 104 donne a fronte di una capienza regolamentare consentita di 712 posti; il 65 per cento dei detenuti sono stranieri e il 70 per cento sono in attesa di giudizio; i tossicodipendenti dichiarati sono 230; i casi psichiatrici sono circa 400; a fronte di organico della polizia penitenziaria stabilito dal Ministero di 990 unità, gli agenti effettivamente presenti sono 34 donne e 308 uomini;





la delegazione ha visitato celle di 7 metri quadri ove erano ristretti tre detenuti e celle di 13 metri quadri dove ce ne erano 9 o 10; l'amministrazione non fornisce i mobili per riporre gli effetti personali né gli sgabelli per tutti i detenuti perché altrimenti diverrebbe pressoché impossibile muoversi all'interno della cella; cella ove quasi tutti i detenuti passano almeno 20 ore al giorno nella più completa inattività; i detenuti che lavorano, infatti, sono in tutto 280 (meno del 20 per cento) per un periodo limitato ed esclusivamente alle dipendenze dell'amministrazione per mansioni interne all'istituto poco qualificanti (pulizie, porta-vitto, e altro); per questa situazione, la delegazione è dell'avviso che i detenuti siano vittime di trattamenti disumani e degradanti;

non solo le celle, ma anche le caserme ove alloggia la polizia penitenziaria sono poco dignitose: stanze-celle con sbarre alle finestre, senza bagno e doccia, ove alloggiano 2 agenti e altri due si appoggiano usandole come spogliatoi;



il cosiddetto «centro clinico» è carente e sarebbe meglio definirlo «una grande infermeria», visto che le visite specialistiche, gli interventi chirurgici anche semplici e i ricoveri vengono effettuati all'esterno con le conseguenti problematiche di traduzioni e piantonamenti che pesano sull'organico già carente degli agenti; si registrano, per esempio, 5/6 casi di dialisi al giorno che si effettuano all'esterno perché il centro clinico non è attrezzato; le transessuali si trovano in celle del reparto protetto e lamentano il mancato accesso alle cure ormonali cui si sottoponevano prima di essere arrestate; solo nel reparto «la nave» che ospita circa 60 detenuti tossicodipendenti quasi tutti in cura metadonica è stato possibile riscontrare attività trattamentali volte al recupero sociale dei reclusi: celle aperte, attività varie dalla mattina fino alle 16 30 del pomeriggio; contatto costante con personale qualificato in particolare psicologi;

quanto alle condizioni di vita degli stranieri, in molti lamentano di non avere un'adeguata assistenza legale, molti sono infatti coloro che sono assistiti da un avvocato d'ufficio e che ricevono poche informazioni sulla loro condizione processuale; per i musulmani non esiste nell'istituto una stanza per il loro culto e nelle celle, dato il sovraffollamento, è quasi impossibile pregare; alcuni lamentano il fatto che le domande per accedere ai corsi di italiano sono ferme da due mesi; difficoltà si registrano da parte di coloro che, non avendo familiari in Italia, chiedono di poter telefonare sui telefoni cellulari o perché i congiunti non dispongono di un apparecchio fisso o perché è difficile raggiungerli a casa;



nel VI reparto tutte le celle sono da 6 letti in uno spazio di 12 metri quadri; molte celle hanno la disposizione dei letti tale per cui è impossibile aprire la finestra secondo i dati forniti dall'amministrazione, dovrebbero essere una cinquantina i detenuti che si trovano ristretti solo per il reato di clandestinità e che, in base al pronunciamento della Corte europea di giustizia, dovrebbero essere scarcerati; sono inesistenti palestre o luoghi attrezzati ove poter svolgere attività fisica almeno durante le ore d'aria; gli unici posti accessibili sono i cosiddetti «passeggi», peraltro superaffollati;



INTERROGA IL SINDACO E L’ASSESSORE COMPETENTE per conoscere



-se il Sindaco a l’Assessore interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa, e se abbiano valutato i rischi di emergenze sanitarie e in quale modo il Comune di Milano è pronto, di concerto con altre istituzioni, a farvi eventualmente fronte;



-quali urgenti iniziative si intendano assumere nei confronti del Governo al fine di esigere che la casa circondariale di San Vittore rientri nella dimensione regolamentare dei posti previsti;



-se siano stati informati di progetti di chiusura o, al contrario, di riqualificazione dello storico istituto milanese e, nel caso, se si ritenga utile l’avvio di una formale richiesta al Ministro della giustizia al fine di renderli noti, e infine quale sia la posizione dell'amministrazione su tali progetti. -se si prevedano progetti di ristrutturazione delle caserme degli agenti di polizia penitenziaria; -in che tempi sia stato previsto il completamento dei lavori della sezione in ristrutturazione e se i fondi stanziati siano sufficienti; -se ed in che modo si intendano potenziare le attività trattamentali dei detenuti, in particolare quelle lavorative, di formazione, sportive e scolastiche; -se non si intenda sollecitare una maggiore collaborazione tra amministrazione e ASL affinché possa essere garantito il diritto alla salute dei detenuti; -se la ASL abbia rilasciato i periodici documenti di idoneità dell'istituto, a che data risalga l'ultimo, cosa abbia scritto, nel rilasciare la certificazione, in merito al sovraffollamento delle celle detentive, allo stato della struttura edilizia, degli impianti elettrico idraulico e di riscaldamento, degli infissi, all'idoneità del centro clinico; -quali provvedimenti di competenza, in particolare relativamente alle competenze del Sindaco in materia sanitaria, ritengano opportuno adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione;

PUNKREAS: COSA E’ SUCCESSO QUESTA NOTTE !

PUNKREAS: COSA E’ SUCCESSO QUESTA NOTTE !

Stendiamo il presente comunicato per rendere pubblica la gravissima situazione che ci ha visto involontari protagonisti nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2011 presso l’Euro Hotel di Nichelino, alle porte di Torino .

Dopo il concerto dei Punkreas tenutosi presso il Free Music Festival di Nichelino, ci dirigiamo verso l’albergo insieme alla crew e ai rapper Anti L’Onesto e Dj Noko che hanno chiuso la serata e che viaggiano con noi.

Arrivati sul posto, attorno alle ore 02:00 constatiamo la presenza di militari in divisa – carabinieri – che presidiano l’entrata e immediatamente ci si approcciano con modi poco amichevoli.

Veniamo inoltre a conoscenza del fatto che l’albergo ospita un alto numero di carabinieri (70-100), presumibilmente destinati a servizio di O.P. in Val di Susa, dove il giorno precedente si sono avuti duri scontri con ampio uso di lacrimogeni contro i manifestanti.



Alcuni di noi, come da consolidata tradizione, si ritrovano nella camera di Paletta per parlare del concerto appena effettuato e fare gli ultimi saluti prima di raggiungere le rispettive stanze.

Dopo circa un’ora, il gruppetto si scioglie e restano nella stanza solo Paletta, Gagno e il fonico Gianluca Amen, che continuano a chiaccherare.



Quando sono circa le 03:30, senza aver avuto peraltro alcun avviso o richiamo né dalla direzione né dagli ospiti delle stanze confinanti, i 3 sentono dapprima bussare violentemente alla porta e subito dopo cominciano ad avvertire difficoltà respiratorie che in breve diventano sempre più pronunciate, unitamente a bruciore intensissimo a gola e occhi.

In breve, si rendono conto che qualcuno sta pompando gas urticante da sotto la soglia della porta della camera. Sentendo rumori e grida di sfida e di scherno dall’esterno, e nonostante la situazione sia resa anche più grave dall’impossibilità di aprire completamente la finestra della camera , i 3 decidono di non uscire, per timore di aggressioni fisiche.

Si chiudono momentaneamente nel bagno, sperando così – e con l’ausilio degli asciugamani bagnati – di limitare i danni e resistere a quello che sembra un vero e proprio assalto. Immaginatevi 3 persone chiuse in una camera satura di gas iniettato dall’esterno da un numero indefinito ma alto di militari che gridano di volersi vendicare di un tono di voce – a loro detta – troppo alto.



Nel frattempo qualcuno nelle stanze vicine sente qualcosa. Il primo ad affacciarsi è Anti, che subito si trova la strada sbarrata da tre militari in borghese, muniti di manganello .Il rapper viene schiaffeggiato, malmenato e spinto nel bagno. Gli viene intimato di non uscire dalla stanza e di “farsi i cazzi suoi”.

A questo punto si sveglia il band manager Ruvido che si rende subito conto della gravità della situazione e chiama immediatamente ambulanza e carabinieri di Nichelino.

Nel frattempo band e crew si compattano per affrontare la situazione.

Solo a quel punto, rendendosi conto di avere a che fare con persone che potrebbero godere di attenzione mediatica, i militari cambiano repentinamente atteggiamento tentando di minimizzare l’accaduto.

Appaiono graduati che si offrono insistentemente di trovarci dapprima delle nuove camere,

poi addirittura un nuovo hotel.

Ovviamente rifiutiamo, raccogliamo i nostri bagagli e ripartiamo da Torino con destinazione casa.

Abbiamo deciso di rendere noto l’accaduto non solo perché di per sé vergognoso e meritevole di suscitare indignazione, ma anche perché abbiamo avuto la netta sensazione che le cose sarebbero precipitate ulteriormente se non avessimo dato velocemente l’impressione di avere immediati e sufficientemente influenti contatti esterni (agenzia, ufficio stampa, avvocato).



Per una lunghissima mezz’ora noi, e in particolare i 3 chiusi in camera ci siamo sentiti come devono essersi sentiti Uva, Cucchi, Aldrovrandi, e tanti, tantissimi, troppi altri finiti senza possibilità di difendersi nella mani di chi abusa del suo potere per scopi che nulla hanno a che vedere con l’ordine pubblico.



Punkreas & Crew

A Milano stanno accadendo cose che prima erano inimmaginabili di Giorgio Salvetti, tratto dal manifesto

http://www.milanox.eu/la-sfida-di-pisapia-aprire-le-porte-del-palazzo/

di Giorgio Salvetti, tratto dal manifesto

A Milano stanno accadendo cose che prima erano inimmaginabili. L’assessore alla casa sospende gli sfratti. Il piano regolatore (Pgt) è in standby in attesa di prendere in esame quelle 4mila osservazioni dei cittadini che la Moratti cestinava. Il Comune dà il patrocinio al Gay Pride. Mirko Mazzali, consigliere di maggioranza (Sel), chiede di togliere i militari dalle strade e di abolire le retate dei vigili sugli autobus a caccia di clandestini (ma Granelli, assessore PD proveniente dalla Caritas, oppone diniego sui militari, NdR).
L’effetto Pisapia continua, ma adesso si tratta di mettere in pratica davvero lo spirito che ha cambiato il vento. E non è facile. Come si fa a non deludere un insieme così straordinario di aspettative e voglia di esserci? I primi quindici giorni da sindaco di Giuliano Pisapia sono stati pienissimi. Sul suo tavolo sono passati mucchi di carte. E intanto bisognava fare la giunta. Adesso che è fatta comincia la vera partita. Detto che non c’è più il vice sindaco De Corato e che peggio della Moratti non si può fare, è giunto il momento di uscire dalla frenesia del debutto e coinvolgere davvero le associazioni, i comitati e i movimenti. E siccome non può fare tutto il sindaco bisognerà trovare una struttura, dei canali, per rendere effettiva quella partecipazione attiva che è il segno della cambiamento.
La giunta non è certo movimentista. E’ fatta di donne e uomini di partito, di professionisti scelti dal sindaco e di esponenti di quella borghesia illuminata che dopo qualche dubbio si è decisa ad appoggiarlo. Forse era inevitabile, e senza Pisapia sarebbe andata molto peggio. Ma questa squadra ha bisogno come l’aria degli stimoli dei cittadini che le hanno dato fiducia e potere. E che non vogliono sentirsi di nuovi messi ai margini. Il problema non è la scelta di un esponente centrista come Bruno Tabacci all’assessorato al bilancio. Non è questione di posti da occupare e al limite neppure di asse che si sposta più o meno al centro. Il nodo da sciogliere è capire cosa può fare questa amministrazione per aprirsi davvero. Se lo chiedono nei centri sociali (l’altra sera è stato questo il tema di un’assemblea allo spazio Zam), nei sindacati, nel mondo dell’associazionismo laico; e questo è ciò che vogliono i giovani che la campagna per Pisapia se la sono inventata nelle strade e su internet. Nessuno lo dice pubblicamente, anche per senso di responsabilità, ma su questo terreno è ancora tutto da fare. Giuliano Pisapia ha due uomini chiave nel suo staff: Maurizio Baruffi (ex verde poi Pd) e Gianni Confalonieri (Sel). L’unico vero referente per tutte queste realtà rimane Paolo Limonta, il gigante buono che ha seguito Pisapia in questi mesi e che però non ha una carica ufficale perché, da persona vera quale è, vuole continuare a fare anche il maestro elementare. «A parte Giuliano e Paolo non vedo nella squadra persone che ho incontrato per la strada – dice una ragazza che l’altra sera era allo Zam – ma non può succedere che abbiamo portato acqua a un mulino che non sentiamo anche nostro». E ancora. «Non dobbiamo entrare in quella logica per cui Giuliano è come babbo natale, gli scriviamo una letterina e lui ci fa un regalino. Ci vogliono luoghi e modi per costruire un rapporto attivo». Una signora dei comitati è contenta che il 50% degli assessori siano donne ma si stupisce di non averne conosciuta nessuna nelle lotte delle donne milanesi. Una sindacalista la spiega così: «Siamo felici di non avere in Comune dei nemici, non pretendiamo di avere amici, ma non vorremo avere a che fare con degli estranei». Questa è la sfida. A Pisapia l’onere e l’onore di vincerla.

giovedì 23 giugno 2011

«Via i militari dalle strade di Milano» La richiesta al sindaco del consigliere Sel Mirko Mazzali: «La sicurezza in città si ottiene con la prevenzione»

http://milano.corriere.it/milano/notizie/politica/11_giugno_22/pattuglie-strada-mirko-mazzali-avvocato-centri-sociali-proposta-esercito-militari-190924749500.shtml
Dal Corriere del 23 giugno


- Via le pattuglie di militari dalle strade di Milano: a lanciare la proposta è il consigliere comunale di Sel, Mirko Mazzali, noto come «l'avvocato dei centri sociali», che chiede di archiviare nel capoluogo lombardo la stagione del progetto «Strade Sicure» varato nell'agosto del 2008 dal ministro della Difesa Ignazio La Russa. «Milano non è Beirut - ha detto Mazzali - e non ha bisogno di militari nelle strade. La sicurezza in città la si ottiene con la prevenzione, con la rivitalizzazione dei quartieri, non con la repressione». Da qui la richiesta di Mazzali al sindaco Giuliano Pisapia e all'assessore alla Sicurezza Marco Granelli di avviare un'interlocuzione con il ministero della Difesa per un progressivo disimpegno dei militari impegnati nei pattugliamenti misti. «La presenza dei militari in città non è di competenza della amministrazione locale - ha osservato Mazzali -. Credo però che il Comune dovrebbe farsi portavoce presso il ministero della Difesa per utilizzare i militari nelle missioni umanitarie e non lasciarli fermi per ore, come avviene oggi, per esempio in piazza XXV Aprile davanti allo scempio del cantiere di un parcheggio sotterraneo, a presidiare il nulla».

Pattuglia del progetto «Strade sicure» (foto GG/Luca Ghidoni)
Pattuglia del progetto «Strade sicure» (foto GG/Luca Ghidoni)
«BASTA VIGILI ANTI CLANDESTINI SUI BUS» - Oltre a chiedere la cessazione dell'esperienza dei pattugliamenti affidati ai militari, Mazzali ha sollecitato la Giunta Pisapia a liberare i vigili dai compiti di pubblica sicurezza, partendo dall'abolizione della squadra dedicata alle retate sugli autobus contro gli immigrati clandestini. «I vigili facciano i vigili - ha osservato Mazzali - e carabinieri e polizia facciano ordine pubblico: se ciascuno fa il suo mestiere tutto funziona meglio». Per il momento tuttavia Mazzali non presenterà mozioni o ordini del giorno per formalizzare con un atto consiliare le sue proposte. «Ho fiducia in questa amministrazione - ha osservato - perché sono convinto che la mia sia la posizione del sindaco e della maggioranza. Se tra 7/8 mesi ci saranno ancora i vigili che salgono sugli autobus per fare retate di migranti che vanno al lavoro, allora utilizzerò tutti gli strumenti che ho a disposizione come consigliere comunale».

LA STORIA - Mirko Mazzali, a partire dagli anni '90, è stato avvocato difensore dei manifestanti al processo G8 di Genova e di molti appartenenti ai centri sociali milanesi, degli operai dell'Alfa Romeo, dell'Atm e della Innse (quelli che salirono sulla gru), di abitanti delle case popolari. E' stato inoltre l'avvocato dei famigliari di Dax, il militante del Centro Sociale O.R.So ucciso da neofascisti, e di Abba, il ragazzo di colore ucciso con una sprangata per aver rubato dei biscotti.

GRANELLI: BISOGNA DISTINGUERE - Immediata la replica del ministero, che ricorda che l'operazione «Strade sicure» è sempre stata concordata con i sindaci per aumentare la sicurezza. «Se da Milano - dice il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto - ci dicono che non hanno più bisogno dei nostri militari, saremo ben contenti di trasferirli in altre zone». L'ex vicesindaco Riccardo De Corato segnala che «la sinistra radicale è già passata all'incasso». Ma l'assessore alla Sicurezza, Marco Granelli, precisa: «L'ordine pubblico è compito del prefetto. Se ci sono presenze dei militari concordate con le forze dell'ordine e accanto agli obiettivi sensibili è una cosa. Ben diversi sono gli interventi come è accaduto in via Padova: di questo credo che non ci sia bisogno». Anche sul ruolo dei vigili puntualizza: «Devono essere presenti dove c'è bisogno, non certo sui mezzi pubblici a fare retate».